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Storia del marchio

Wilier Triestina fu tra le prime marche italiane produttrici biciclette, ed è ad oggi una delle più antiche ad essere ancora attiva, anche a livello professionistico. A ricostruirne le vicende ci aiuta, per fortuna, l’azienda stessa, fornendo informazioni dettagliate che ne ripercorrono la storia1. Una storia lunga e ricca, intimamente intrecciata con i numerosi eventi politici e sociali succedutisi dall’inizio del XX secolo. Volendo semplificare, possiamo suddividerla in tre periodi principali: dai primi del ‘900 fino alla seconda guerra mondiale, gli anni del dopoguerra e la nuova era a partire dal 1970 fino ad oggi.

Tutto nacque nel 1906 per opera di Pietro Dal Molin2, commerciante e artigiano di Bassano del Grappa. Era l’inizio del nuovo secolo, un’epoca segnata da cambiamenti profondi nella scia della rivoluzione industriale, in una società in cui la bicicletta, ancora appannaggio di pochi, si affermava in maniera crescente, trascinata ormai dalle prime competizioni ufficiali. Dal Molin ne intuì il potenziale e decise  di lanciarsi nella fabbricazione di cicli, acquisendo a tal proposito un marchio inglese in difficoltà, semisconosciuto, che di nome faceva Wilier. L’intuizione fu giusta, le biciclette piacquero e la produzione crebbe gradualmente, cosicché dopo quasi dieci anni dalla creazione della fabbrica, Dal Molin poteva vantare ormai un’attività a scala industriale e ben avviata. Inevitabilmente, con lo scoppio della prima guerra mondiale la produzione subì un rallentamento, senza però arrestarsi. L’azienda riuscì anzi a giungere alla fine del conflitto in condizioni che ne permisero il rilancio. Mario Dal Molin prese le redini dell’azienda, succedendo al padre Pietro e dando vita alla ‘Ciclomeccanica Dal Molin’. Gli affari continuarono a prosperare negli anni seguenti e l’azienda riuscì a superare anche i difficili anni della seconda guerra mondiale, nonostante i danni subìti dai bombardamenti. Quando cominciò la ricostruzione a livello mondiale, era ormai pronta a cambiare passo.

Fu nell’immediato dopoguerra, alla fine del 1945, che la svolta arrivò, con la decisione di creare una propria squadra professionistica di alto livello. Decisione dai risvolti patriottici, con il sostegno totale della squadra alla città di Trieste, ancora contesa tra Italia e Jugoslavia, che sfocerà nell’aggiunta di “Triestina” al nome Wilier. Ma soprattutto una sfida a livello agonistico in un contesto unico: la squadra di Dal Molin si lancerà difatti nel ciclismo professionistico nel 1946, anno del primo attesissimo Giro dopo la lunga pausa bellica, in un panorama ciclistico dominato dal duello tra due campioni fuori dal comune e consegnati alla storia, tali Gino Bartali e Fausto Coppi. L’ingresso in scena fu all’altezza della situazione: la nuova squadra Wilier Triestina, baluardo del patriottismo italiano, in sella a biciclette di un color “rame” mai visto prima e guidata dal capitano Cottur, campione triestino, si presentò nel migliore dei modi, aggiudicandosi la prima tappa. Altre vittorie seguiranno nell’arco di cinque anni, tra le quali spicca quella del Giro nel 1948, ad opera di un altro campione che la storia celebrerà, Fiorenzo Magni. Nacque così il mito de “La Triestina” e della sua livrea “ramata”, che fece conoscere al mondo intero la Wilier Triestina, gioiello italiano ma dal nome straniero, enigma brillantemente risolto dall’acronimo che un giorno qualcuno cominciò a far circolare: “W Italia LIbera E Redenta”. L’avventura fu intensa ma breve. La diffusione dei veicoli a due ruote motorizzati mise in crisi l’azienda, costringendo Dal Molin a cederla nel 1952 e ponendo di fatto fine alla produzione delle biciclette.

La fabbrica rimase inutilizzata per 17 anni, venendo rilevata nel 1969 e subito proposta ai fratelli Gastaldello che ne aquistarono il marchio. Iniziava così la seconda vita di Wilier Triestina, una sfida non da poco, con numerose innovazioni tecniche importanti registrate durante il periodo d’assenza e molte altre ancora a venire. La nuova produzione vide inizialmente bici in acciaio senza colori particolari, dettati più che altro dai gusti del mercato. Per fortuna, dopo poco tempo venne finalmente reintrodotto il tipico color “ramato” che tanto aveva fatto sognare qualche decennio prima, decisione che contribuì a far rivivere il mito e a far crescere l’azienda negli anni seguenti. Nel 1989 i fratelli Gastaldello seguirono strade diverse: sarà Lino a sviluppare la Wilier Triestina moderna, orientandola verso nuovi materiali di produzione e, a partire dalla metà degli anni ’90, verso il ritorno al professionismo, che vedrà in sella campioni come Marco Pantani e Davide Rebellin.

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1 https://wilier.com/story/it/
2 Archivio Storico Dal Molin: https://www.archiviostoricodalmolin.com/storia-di-una-passione

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