Di Luca Pit
Borgoratto Mormorolo (PV) – 22 agosto 2016
Grazie per avermi ricevuto. “Non pensavo ci fossero ancora tifosi del ciclismo, e poi cosi giovani…”. Ci sono eccome, di tutte le età. Io scriverò la sua intervista sul nostro sito internet. – Mi guarda stranito. -È come un giornale dove scriviamo sulle biciclette della sua epoca, ma anche più vecchie e anche più giovani. – Annuisce. -Se Lei ha pazienza, vorrei farle qualche domanda… – (Apro il quaderno dove ho appuntato l’ intervista e sorride al vedere quante domande vi fossero). – “La pazienza non manca, non ricordo proprio tutto e dovrà averne anche Lei…“. – Figuriamoci, classe 1930, 86 anni portati davvero bene: tra l’altro ancora guida l’auto, e parliamo di avvenimenti accaduti 60 anni prima, che non ricordi tutto direi si possa capire. Ma ricorderà molto… –
Dunque, Lei nasce nel ’30…
Si! Gemello!
Davvero?
Si di una femmina. Altri 2 fratelli del 15 e del 22 e altre 2 sorelle.
Come arrivò al ciclismo professionistico?
All’epoca c’erano gli allievi e poi dopo i 18 anni si diventava Dilettanti. Comprai la bici da Canepari, aveva il negozio a Pavia e la pagai 48000 lire. Erano 4 stipendi all’epoca. Lui disse che era la mia taglia, ma non era vero. La bici era troppo grande e non andava bene per la mia corporatura. Guardala, va bene per uno alto almeno 1,85 mentre io sono 1,70. Ma non lo sapevo e mi fidai. Con questa bici iniziai a correre e poi a vincere le corse . Ho vinto delle belle gare, anche importanti per i dilettanti. C’erano gli osservatori delle case costruttrici di biciclette e arrivò presto la chiamata della Legnano.
LEGNANO 1953 e 1954
Come funzionava, fecero contratto di un anno?
Si all’epoca tutte le squadre facevano i contratti annuali, poi se avevi buoni risultati rinnovavano. Andai a Milano e mi fecero una bici sulle mie misure. Fu una rivoluzione per me perché la bici improvvisamente divento della mia taglia, più leggera e col cambio di nuovo tipo! Facevo molta meno fatica a fare tutto, però correvo con gente che andava veramente forte. La bici con la quale avevo corso da dilettante fino a quel momento aveva il cambio campagnolo a 2 leve, con una sbloccavi la ruota mentre con l’ altra spostavi la catena. Ma era molto scomodo e anche un po’ pericoloso, mi ha fatto fare anche diverse cadute! Se non pedalavi bene indietro nel cambiare il rapporto di marcia, la ruota usciva e ti ritrovavi per terra subito. Il rapporto lo dovevamo cambiare per forza prima delle salite dovendo pedalare all’indietro. Con il nuovo cambio (Campagnolo Gran Sport) invece pedalavi in avanti e il rapporto cambiava. Davvero cambiò il modo di correre in quegli anni! Avevamo 4-5 rapporti, e utilizzabili in ogni momento.
Quali furono le altre differenze che riscontrò rispetto al mondo dilettantistico?
Bè, c’era l’assistenza. Eravamo molto assistiti con l’ammiraglia, e poi non si poteva più correre da soli. Ora dovevamo correre di squadra, c’era una strategia e anche dei ruoli. Nel dilettantismo ero invece solo contro tutti. Tutti eravamo soli.
Quante bici aveva a disposizione?
Una, quella con la quale correvo. Poi ce n’era un’altra ogni 2-3 ciclisti di corporatura simile alla mia sulla ammiraglia. A fine anno però la bici non si poteva ancora tenere, dovevamo restituirla. Però ricordo che sulla scatola della pedaliera era impresso il mio nome.
Come andò l’esperienza con la Legnano nel ’53 e nel ’54?
Nel ’53 andavo bene! Stavo bene. Ho vinto il giro dell’Umbria: la prima tappa la vinsi per distacco, come sempre mi accadeva quando mi capitava di vincere. Nelle altre come piazzamento peggiore feci terzo.
Nel ’54 invece fui molto sfortunato, mi portai dietro una foruncolosi terribile e non riuscii mai a stare bene. Non venendo i risultati passai ad una squadra più piccola, la Augustea. (In realtà vinse 2 semitappe al Giro del Belgio)
Pietro Nascimbene con la maglia della squadra corse della Legnano.
A 23 anni, la sua prima squadra professionistica
AUGUSTEA 1955
Cosa ricorda di quella esperienza?
La squadra era più piccola, correvamo con le biciclette Arbos di Piacenza. Si andava bene, era al livello delle altre bici. Fu una esperienza particolare, cercavo i risultati per poter tornare nelle squadre più grandi. Ho fatto persino il giro del Marocco! Ti racconto (inizia a darmi del tu, con mia gioia) cosa mi capitò.. Sono partito con 2 gomme da 290 (?) le più robuste che avevamo, più le altre 2 di scorta che ero solito avere con me, una arrotolata alle spalle e un’altra agganciata sotto la sella. Dopo metà corsa le avevo già bucate tutte e 4! Disgraziati… Gli organizzatori ci avevano fatto passare per una strada con una ghiaia davvero tagliente come delle lame! Stessa sorte toccò a molti altri ciclisti dietro di me e tutte le ammiraglie che passavano non avevano più gomme di scorta! Rimasi ore sotto il sole a bordo strada in cima ad una collina, ed ebbi anche paura. Il Marocco non era molto tranquillo in quel periodo, c’era una guerriglia. Ad un certo punto guardando verso il basso scorsi un tizio che si muoveva e sembrava cercare di nascondersi, o almeno questa fu la mia percezione. Ero molto preoccupato, per non dire spaventato. Ero bloccato lì e non sapevo chi avrei potuto incontrare! Magari un male intenzionato!
Come andò a finire?
Nel pomeriggio ad un certo punto una delle ultime ammiraglie di una squadra mi lasciò una gomma vecchia. La montai e arrivai che il sole stava tramontando. Ma che paura! La classifica era andata, ma non fu colpa mia. Le altre tappe andarono bene e a fine stagione mi chiamò la Carpano.
(In quel giro vinse la 10a tappa con arrivo a Casablanca, poi vinse anche una tappa della Vuelta lo stesso anno)
CARPANO 1956, 1957 e 1958
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La Carpano nel 1956 e nel 1957 arruolava tra le sue fila nientemeno che il Campionissimo, ovvero l’indimenticato Fausto Coppi. Proveniente dalla squadra corse Bianchi, Coppi e la Carpano allestirono una squadra di buona qualità nella quale spiccavano tra gli altri Riccardo Filippi, Ercole Baldini e lo stesso Pietro Nascimbene. –
Fu ingaggiato per correre per Coppi, è corretto dirlo?
Si, ma Coppi non si è mai comportato da primadonna, anzi ci siamo sempre sentiti tutti uguali in squadra. Non mi sono mai sentito un gregario in squadra anche se, diciamocelo, mi hanno preso per correre per Coppi.
Come ricorda il suo primo incontro con Coppi?
Il primo incontro con lui da compagno di squadra fu un incontro normale, c’erano tante persone. Pero’ in realtà io Coppi l’avevo già incontrato…
In che occasione?
Ero ancora un dilettante, e con il mio amico con cui mi allenavo abbiamo saputo che Coppi e Bartali avrebbero partecipato ad una manifestazione non lontano da qui. Ci andammo per curiosità, d’altronde io ero Coppiano e lui invece Bartaliano. Arrivati li, nella calca, incontrammo prima Coppi che si fermò con molta pazienza vista anche la folla e si mostrò molto gentile con tutti i tifosi. Poi passò Bartali e il mio amico cerco di toccargli il gomito – sorride compiaciuto – quel Ginettaccio si girò e “lo spinse via in malomodo” (espressione in dialetto non trascrivibile per manifesta incapacità dello scrivente). “Visto il tuo Campione? gli dissi… “- risata collettiva.
Con che bici correvate alla Carpano? (mi scappa l’accento sbagliato sulla seconda a)
Càrpano mi raccomando, ricordo ancora come si arrabbiava il nostro dirigente se sentiva pronunciare in modo sbagliato il nome!
Correvamo con bici prodotte dalla Fiorelli di Novi Ligure. – che difatti in quegli anni iniziò a produrre le biciclette col marchio Coppi, che usò anche l’Airone e tutta la squadra Carpano. Aggiungo per curiosità che più tardi nella stessa cittadina piemontese si iniziò a produrre anche le bici a marchio Bartali, presso la ditta Santamaria –
Tutti conoscono il Coppi ciclista, cosa può dirci di Fausto?
Era una persona davvero genuina, una di quelle a cui non dovevi presentare la carta d’identità per poterci parlare. Ad ogni risultato positivo era il primo a venirmi a dare una pacca sulla spalla e congratularsi. Rideva e scherzava con tutti, e anche se aveva la possibilità di comportarsi in maniera differente perché era Coppi, il campione, non l’ho mai visto atteggiarsi. Posso parlare solo molto bene di lui per come l’ho conosciuto, e credo anche che molte storie su di lui fossero molto ingigantite. Era uno come me e come altri compagni che ho avuto: uno ben voluto da tutti.
Quell’anno qualche soddisfazione se l’è tolta anche Lei, per esempio quando vinse una tappa del Giro d’Italia 1956, la 13a tappa Grosseto-Livorno. Cosa ricorda?
Quel giorno stavo bene, avevo corso bene ad un certo punto eravamo un gruppetto davanti. C’era gente molto brava in volata e si studiavano e pizzicavano a vicenda. Io feci quel che ero bravo a fare: scattai da lontano prima degli altri, presi un bel po’ di vantaggio e correvo a più non posso. L’ho fatto per molti chilometri e quando mi voltai vidi che non c’erano più. Continuai anche se la fatica si faceva sentire nelle gambe, ad un certo punto ero stanco e mi girai indietro. Iniziavano a vedermi. Usai le ultime forze e arrivai al traguardo in solitario. Non vinsi molte tappe ma ogni volta che vinsi, lo feci sempre scattando prima degli altri, mantenendo il vantaggio e arrivando in solitario. – (quel Giro d’Italia lo finì al 33° posto nella classifica generale) –
Qual era la sua caratteristica migliore da corridore?
Non c’era un tipo di percorso che prediligevo, me la cavavo più o meno allo stesso modo in tutte le circostanze. Ecco forse era questa la mia caratteristica.
(nel 1958 vinse anche una tappa della Parigi-Nizza e 10° alla Milano-Sanremo, e tra le altre arrivò 34° nella classifica generale del Tour de France).
In alto, la squadra Carpano – Coppi al Giro d’Italia del 1956.
In basso, una storica foto di Coppi e Nascimbene sempre in quel Giro d’Italia.
MOLTENI 1959
Nel 1959 Pietro Nascimbene passa alla squadra Molteni, nata solo un anno prima sotto la direzione di Renato Molteni. La squadra corse Molteni divenne poi gloriosa negli anni ’60 con Gianni Motta e negli anni ’70 con Eddy Merckx sotto la direzione di Giorgio Albani, di cui lo stesso Sig. Nascimbene fu compagno di squadra. Fu l’ultima squadra professionistica prima di correre da indipendente per il ciclista di Borgoratto Mormorolo: una parentesi breve di cui conserva pochi ricordi.
E’ tardi, la chiacchierata è stata lunga anche se qui è stata molto riassunta. Facciamo qualche foto alla sua prima bici da corsa, poi ci aspetta il rientro in moto a Milano e successivamente in treno a Bologna. Una giornata bellissima, piena di ricordi, suggestioni e aneddoti di quelle che difficilmente si dimenticano.
Voglio fare un ringraziamento al Sig. Nascimbene e alla sua famiglia tutta per la disponibilità e l’accoglienza offerta, le emozioni dei ricordi e il piacere di raccontarli.
Un ringraziamento particolare anche a Cesare Resta, che ci ha messo in contatto e mi ha permesso di raccontare questa storia meravigliosa.
Pietro Nascimbene e la sua Canepari con cambio a 2 stecche, inadatta alla sua corporatura, ma che gli consentì di vincere e diventare corridore professionista.
Intervista di Luca Pit