La bicicletta Bianchi modello Icaro compare per la prima volta nel catalogo della Ditta del 1941.
Viene presentato come “Nuovo modello di lusso, costruzione leggerissima”: la caratteristica del modello è infatti quella di pesare (stando al catalogo) solamente 11kg, peso ridottissimo per una bicicletta da viaggio a bacchetta (quale è la Icaro). In realtà il peso complessivo è leggermente superiore, di poco superiore ai 12kg. Altro dettaglio che balza immediatamente all’occhio è il freno anteriore interno (abbinato al posteriore esterno), caratteristica che non si vedeva più su una Bianchi dagli anni ’20 (con il modello “R”) e che non ritornerà mai più nella produzione.
Il modello verrà prodotto fino al 1948 (o al massimo all’inizio del 1949) e durante gli anni subirà alcune modifiche che contribuiranno anche ad aumentarne di poco il peso (che “da catalogo” rimarrà invariabilmente di 11kg…)
La Icaro deriva il suo telaio dai modelli corsa, con tanto di congiunzioni alleggerite, steli della forcella rinforzati e testa della stessa simile a quella del modello da corsa Folgore. Si differenzia chiaramente per gli attacchi dei freni a bacchetta e per i forcellini tipo R (piatti), ma utilizza i foderi conificati (che sui “normali” telai R della Bianchi compariranno solo nel 1949). Inspiegabilmente la misura del telaio è sempre stata molto ridotta, corredata da ruote di misura 26 x 1 1/2; queste caratteristiche la rendono inadatta a persone di altezza superiore a 1,75 metri (e anche per costoro appare essere molto “piccola”), una delle spiegazioni potrebbe essere il minor peso dato dalle minori dimensioni, ma non sembra essere una motivazione sufficiente. Tali dettagli comunque contribuirono molto probabilmente all’insuccesso commerciale del modello (di cui parleremo più avanti).
La “prima serie” (se così si può chiamare) della Icaro doveva probabilmente essere stata concepita come da catalogo, cioè (tra le altre cose) con guarnitura in lega leggera, parafanghi completamente carenati in alluminio “lucidato” (cioè non verniciato) e telaio grigio perla. Di fatto al momento non conosciamo alcun esemplare del modello con queste caratteristiche: probabilmente per motivi legati alle restrizioni imposte dalla Seconda Guerra Mondiale e forse anche per motivi di robustezza meccanica, la guarnitura risulterà essere realizzata in acciaio e i parafanghi non avranno le carenature complete, ma solo due piccole alette in fondo al parafango anteriore, e saranno inoltre verniciati dello stesso colore del telaio e filettati come lo stesso. Forse per lo scarso successo ottenuto dalla verniciatura “bicolore”, novità introdotta nel 1941 dalla Bianchi?
Di fatto, i più vecchi modelli della Bianchi Icaro che ci sono noti sono comunque caratterizzati da molte parti realizzate in lega di alluminio (che ovviamente contribuiscono in larga parte alla leggerezza del mezzo): tra queste abbiamo i parafanghi, gli archetti dei freni (identici come forma a quelli della Bianchi Impero e corredati di pattini a “barchetta”), il tubo reggisella, i pedali (escluse le cosiddette “trombette” ai lati della barra centrale, realizzate in acciaio cromato), le flange dei mozzi (SIAMT marcati Bianchi in corsivo, con oliatore a fascetta) e i cerchi.
Nota dolente di tutti gli esemplari è il manubrio (in acciaio con leve a pallino), realizzato ovviamente per azionare il freno anteriore interno e il posteriore esterno: esso è caratterizzato infatti dalla congiunzione tra i due bracci alleggerita con uno scavo a forma di B verniciato al suo interno di nero, che però ne mina irrimediabilmente la solidità, portando spesso alla rottura in quel punto (pochissime sono infatti le Icaro giunte fino a noi con il manubrio originale).
Le pedivelle (malgrado quanto recita il catalogo) non sono molto alleggerite, presentano soltanto un piccolo svaso sul retro, e portano la classica guarnitura Bianchi in acciaio fissata a macchina (non smontabile); il perno del movimento centrale è però forato per tutta la sua lunghezza.
I parafanghi sono di un tipo esclusivo, mai usato prima in Bianchi: somigliano abbastanza ai classici Dei, con costa centrale molto larga e bombata e scalettature laterali; sebbene sul catalogo siano ad asta singola risulteranno nella realtà a doppia asta, con un sistema di fissaggio molto particolare senza ghiandine a vite e senza possibilità di regolazione. Curiosamente, tali parafanghi ritorneranno nel dopoguerra (anni 1946-1947) sui modelli Zaffiro e Turchese, nella versione in alluminio lucidato.
Anche il carter è un unicum nella produzione Bianchi, è infatti caratterizzato dall’apertura ovale nel mezzo molto “aderente” alla catena e alla ruota libera e inoltre dal codino tagliato obliquamente come nei carter Dei. Il disco presenta una nervatura circolare interna ed è corredato di sportellino (come in tutti i modelli Bianchi coevi).
La sella appare essere, da catalogo, una Aquila Piuma (montata anche dalle prime Taurus Lautal) marcata Bianchi, caratterizzata come dice il nome stesso da una grande leggerezza.
I dadi dei mozzi, dello stringisella e del collarino del manubrio sono contraddistinti dalla B su fondo blu smaltato (così come quelli della Impero).
Dettaglio importante e controverso è il colore: come abbiamo detto infatti da catalogo risulterebbe essere grigio perla, con filetti oro e parafanghi in alluminio lucidato, mentre nella realtà ve ne sono sia in grigio chiarissimo (che potrebbe effettivamente essere il grigio perla) ma con parafanghi in tinta e filetti blu senza terminali, sia in verde (sempre con parafanghi in tinta) e filetti rossi con terminali a decal. Queste perlomeno sono le colorazioni dei due esemplari a noi noti.
Questo allestimento proseguirà fino al 1943 (anno in cui lo stabilimento della Bianchi verrà bombardato e in gran parte distrutto), con le variazioni che abbiamo visto (e talvolta con l’inserimento di parti cadimate insieme a quelle cromate).
Nel dopoguerra (1945-1946 circa) la Bianchi riapre i battenti, e torna a riproporre il modello Icaro nel suo catalogo del 1946, ma questa volta abbinato ad un inedito modello “Diana”, cioè il suo corrispondente nella versione femminile.
Il catalogo ci propone l’allestimento che in realtà già conosciamo, cioè con parafanghi a doppia astina con piccole alette all’anteriore, ma con alcune importanti differenze.
Essendo un modello di gran lusso derivato dalla fusione dei telai da corsa con la componentistica della Bianchi a freni interni (che dopo la guerra si chiamerà “Super Extra”) segue l’evolversi della sorella maggiore, infatti le leve del manubrio (che rimarrà sempre lo stesso, con la congiunzione alleggerita) diventano a cucchiaio (come nella Super Extra).
Nel catalogo rimangono però alcuni degli “errori” già citati, tra cui l’ingranaggio in duralluminio e il peso di 11kg. Quest’ultimo infatti pare impossibile sia stato mantenuto, poichè nell’unico esemplare da noi analizzato del dopoguerra i pedali sono diventati dei normalissimi “trombetta” completamente in acciaio (al contrario di quanto cita il catalogo, che li riporta in alluminio), il reggisella è diventato in acciaio e la sella è stata sostituita da una più pesante sella imbottita a molle.
Anche il carter è cambiato, è presente infatti il “vecchio” carter della Bianchi Impero (ma più corto per adattarsi al telaio da 26), tuttavia nella realtà l’esemplare precedentemente menzionato porta un carter identico a quello della Super Extra coeva (simile comunque a quelli dei restanti modelli).
Allo sterzo, in luogo della precedente decal, abbiamo la placchetta in alluminio con l’aquila su fondo blu che caratterizza anche tutti gli altri modelli lusso.
Per quanto riguarda il colore, la Icaro viene ora proposta in livrea grigio perla con filetti rossi o in nero con fiamme bianche e filettatura verde (come il modello sportivo Lido), ma anche in questo caso la realtà è pronta a smentire il catalogo, in quanto l’esemplare già citato è completamente verniciato in nero, con filetti oro.
Gli altri particolari appaiono pressochè invariati.
La produzione del modello Icaro appare essere durata, in definitiva, dal 1941 al 1948 compreso: escludendo il 1944 e il 1945 risultano sei anni, ma la reperibilità di questi esemplari è scarsissima. Questo perchè la Icaro appare essere stato un insuccesso commerciale, dovuto sicuramente ad alcuni problemi tecnici di costruzione mai risolti (ad esempio il manubrio) e senz’altro imputabile alla volontà di realizzarla in un unica misura, molto piccola, e con ruote da 26 (caratteristica che condivide con il modello sportivo Lido, che però è esistito in un breve periodo nel dopoguerra anche da 28). Questi fatti, uniti anche all’elevato costo e al periodo storico “critico” in cui il modello fu prodotto (guerra e dopoguerra) fanno sì che pochissimi siano stati gli esemplari venduti e quelli arrivati fino a noi, ma ciò nulla toglie al fatto che la Bianchi, come altre ditte concorrenti (prime fra tutte la Taurus con il modello Lautal e la Dei con il modello Superleggera) si sia tenuta al passo con i tempi, immettendo sul mercato un modello da viaggio a bacchetta contraddistinto da una grande leggerezza e quindi scorrevolezza.
Stefano Lombardi (Stefano89)